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Ki News #6

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Ki News # 6 - 2021 - Ricordando     


Ki News è una newsletter per tutti gli studenti di Aikido del Ki no Kenkyukai International.


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Note dell'editore


Cari tutti dell'Aikido


Gianni Gioconto Sensei e Lennart Gullberg ci hanno lasciato tutti troppo presto.

Questo numero di Ki News è dedicato alla loro memoria.


Gianni è stato uno dei pionieri dell'Aikido in Europa e specialmente in Italia.


Ha iniziato l'Aikido nel 1969!


Gianni ci ha detto addio il 17 luglio. 2021.


Come vedrete dalle testimonianze qui sotto, è amato e mancato a tanti studenti e compagni di aikido-ka.


Molte condoglianze alla sua famiglia.

Lennart Gullberg ci ha lasciato il 14 agosto. 2021. dopo una lunga malattia

Aveva solo 58 anni.


Era una persona fantastica e un fantastico Aikidoka - così chiaro, morbido e preciso, era sempre un piacere stare sul tatami con lui. Sempre indagatore e curioso. Poteva sembrare molto serio, ma un secondo dopo ti faceva ridere. Ho sempre ammirato lui e la sua gentilezza.


Molti pensieri alla sua famiglia.


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Gianni Gioconto Sensei 10/4 1954 - 17/7 2021  

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Ricordando Gianni Sensei


Da Francesco Ingemi

Ronin Ki-Aikido Vercelli


Nella serata del 17 luglio 2021, dopo una malattia durata alcuni mesi, il nostro Maestro Gianni Gioconto è venuto a mancare all’affetto dei suoi cari e dei suoi allievi.


Molti sono gli spunti utilizzabili per scrivere un articolo biografico su Gianni: tutti i suoi allievi, o semplicemente coloro che hanno passato delle occasioni conviviali con lui, di certo avranno sentito narrati da lui stesso delle sue particolari origini ed i suoi ricordi di gioventù, molti dei quali ovviamente relativi all’Aikido.


Gianni iniziò la pratica dell’Aikido nel settembre del 1969 nel dojo di Novara: era allievo di Umberto Tufo, uno dei pionieri italiani dell’Aikido. Iniziò seguendo le orme del padre che era stato tra primi praticanti di Novara.


L’Aikido di quegli anni non era molto “raffinato”: i Maestri della disciplina erano rari e bisognava aspettare che passassero "in zona" per poterne seguire le lezioni. Spesso ci si arrangiava dedicando gran parte delle lezioni alla ginnastica ed esercizi di ripetizione dei movimenti.

Inoltre, in un periodo in cui le palestre erano piene di praticanti che facevano lavori manuali, la forza e la fisicità erano necessarie per “sopravvivere” sul tatami. Gianni raccontava spesso di come il suo Maestro non conoscesse molte tecniche, ma quelle che conosceva erano inesorabilmente efficaci e bisognava essere svegli per non farsi male.


Probabilmente anche grazie a quel tipo di pratica Gianni acquisì delle notevoli doti atletiche, e divenne uno dei migliori uke in circolazione (lo chiamavano anche per fare da ukemi nelle dimostrazioni di judo), tanto che il suo maestro gli affidò un corso per insegnare appositamente l’ukemi ai praticanti.


In quegli anni Hiroshi Tada arrivò in Italia per dare una struttura all’Aikido favorendo la nascita dell’Aikikai d’Italia. Gianni raccontò di come fu proprio il Maestro Tada ad esaminarlo per il 6° kyu (tutti gli esami successivi fino alla cintura nera li fece con il Maestro Kawamukai, che aveva portato l'aikido nel nord Italia alla fine degli anni '60).


Anche con un grado relativamente basso iniziò a tenere corsi di Aikido nei paesi vicini a Novara; sempre ricordando quegli anni Gianni raccontava di come fu proprio il Maestro Tufo, che evidentemente riponeva grandi speranze in lui, a regalargli la sua prima auto con la quale poteva spostarsi per tenere quei corsi.

Dopo qualche anno il suo Maestro di riferimento divenne Roberto Lovati. Quest’ultimo era maggiormente interessato alla ricerca tecnica (ad esempio lo studio delle armi) ed aveva maggiori possibilità di frequentare seminari, anche all’estero, incontrando i Maestri Giapponesi che in quegli anni viaggiavano per il Mondo.


Di questo periodo si possono trovare su youtube alcuni video di dimostrazioni: guardandole si capisce una frase che Gianni spesso pronunciava parlando dei vecchi tempi: “passavamo più tempo per aria che per terra”, diceva.


Fu proprio il Maestro Lovati a far aderire il dojo di Novara all’organizzazione di Aikido di Koichi Tohei, di cui aveva frequentato un seminario nell’estate del 1978 a Thonon les Bains.


Purtroppo circa un anno dopo Lovati abbandonò la pratica: Gianni, che nel frattempo aveva raggiunto il grado di shodan, con altri istruttori ne continuò l’opera di divulgazione dell’Aikido, iniziando a seguire in prima persona le operazioni per creazione della Ki no Kenkyukai Italia, di cui Gianni ne fu uno dei fondatori.


Nel frattempo l’arrivo del Maestro Yoshigasaki in Europa e la possibilità di seguirne con regolarità i seminari contribuirono a far crescere ulteriormente il livello sia tecnico che di comprensione della scuola del Ki- Aikido.


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Nei decenni successivi il Maestro Gioconto ebbe un ruolo di primo piano nello sviluppo del Ki-Aikido tra Piemonte e Lombardia: prova ne sono i molti dojo di Ki-Aikido diretti ancora oggi da suoi allievi.


Grazie a questa capacità di essere riferimento di un grande gruppo di praticanti il Maestro Yoshigasaki, all’atto della fondazione della sua Associazione di Aikido, lo riconobbe come uno degli “Shihan”, della sua scuola.


Nel 2011 creò l'associazione UNIKA, con lo scopo di dare una struttura organizzativa alla rete di dojo che avevano lo avevano identificato come riferimento tecnico.


Nel 2019 ricevette dal Doshu il grado di 9° Dan, nell'ultimo seminario del Maestro Yoshigasaki organizzato dalla sua associazione.


Il massimo grado conferito dal Doshu andò a coronare una carriera di più di 50 anni di esperienza sul tatami.

Eppure il nostro Shihan non era certo un praticante che ostentava esperienza e gradi, anzi diceva spesso che questi gradi alti venivano conferiti per fare in modo che gli istruttori più giovani potessero crescere per andare avanti.

In questi decenni di Aikido ha sempre mantenuto una visione per certi versi molto “artigianale” della pratica. Era sempre partecipe nell'organizzazione anche degli aspetti minori dell'attività: tutti lo ricordiamo mentre aiutava a spostare o pulire i tatami o mentre li caricava per poi trasportarli in giro con il suo furgone, durante i preparativi per i seminari.


Personalmente credo che questa sua attitudine alla pro-positività, alla crescita comune, alla disponibilità continua fosse dovuta, oltre che ad un tratto caratteriale personale, anche alla sua importante esperienza da uke in gioventù (o forse si potrebbe dire anche il contrario...). Gianni non ha mai evidenziato l'ukemi come un mero gesto tecnico o atletico, quanto piuttosto come un atteggiamento di generosità verso la pratica, un modo di contribuire per rendere l'insieme della tecnica armonioso e molto più istruttivo e comprensibile.


Nonostante l'improvvisa scomparsa del Doshu e la sua malattia, fino a quando ne ha avuto la possibilità ha continuato il suo impegno nello sviluppo dell’Aikido, restando in mezzo ai suoi allievi nonostante il periodo della pandemia.


Nei giorni successivi alla sua scomparsa moltissimi sono stati i messaggi di cordoglio della comunità Aikidoistica italiana ed internazionale segno di un affetto sincero e duraturo nonché di profonda stima per quanto realizzato in tutti i decenni di pratica.


Una delle frasi che diverse volte ho trovato nei messaggi di condoglianze è stata “era una persona capace”.


Questa breve frase lo descrive davvero molto bene. E' stata una persona capace di essere d'esempio sia nella pratica che nell'organizzazione. E' stata una persona capace di proporre un Aikido estremamente personale, ma con una chiarezza di insegnamento che ha segnato il percorso di centinaia di praticanti.


Soprattutto è stato capace di essere un vero Maestro, sia sul tatami che fuori da esso.



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Dal 2008 abbiamo avuto seminari ogni anno con Gianni Sensei a Berlino.


Ho vissuto momenti meravigliosi con lui e ho imparato molto da lui.


Il suo insegnamento era stimolante e di supporto.


Il suo contatto con tutti noi era così caloroso.


Una volta abbiamo avuto una fantastica serata con Gianni e i suoi discepoli del dojo a casa di Sigrid, quando Gianni ci ha raccontato molto della sua vita.


Questo è stato molto impressionante, soprattutto perché altrimenti si teneva modestamente in disparte.


Con profonda gratitudine, e pensando alla sua famiglia e ai membri del suo dojo.


Ulla

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Gianni


Sento sempre la sua voce immediatamente

quando lo ricordo.


Ho imparato così tante cose da lui:


I modi così creativi di usare la tecnica,


il suo insegnamento caloroso e amichevole,


il suo: non litigare!


Grazie, Gianni per tutto!


Sono così triste che non potrò mai più godere del suo Aikido Do.


Mi manca davvero tanto!


Elisabeth

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Caro Gianni,


mi manchi tanto tu e i tuoi seminari. Ogni volta che hai sfidato il sole d'Italia a Berlino.


Oltre alla profonda tristezza nei nostri cuori le tue risate continueranno a brillare. Hai aperto ogni cuore al contatto, all'amore per l'Aikido e al godimento della vita.


Mi hai aiutato a fare il mio primo dan, mi hai dato la sensazione di poterlo fare, mi hai sfidato fino a dove potevo arrivare. Ti sono molto grato.


Hai combinato la profonda conoscenza dell'Aikido con l'empatia per i tuoi allievi e l'amore per la vita.


Questo è il vero Aikido e questo significa essere un vero insegnante e sensei.


Eva da Berlino, Dojo di Ulla

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Grazie Gianni.


Per i tuoi profondi insegnamenti, gentili e generosi,

e la tua voce e il tuo sorriso che ci incoraggiano

a diventare padroni di noi stessi.


Mi manchi profondamente.

Il tuo "rappresentanza à Bonn"


Irene

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In ricordo di Gianni


Mi ha rattristato molto la notizia della scomparsa di Gianni. I suoi seminari a Berlino erano sempre stimolanti e ridevamo molto, nonostante le difficoltà linguistiche.


Ricordo anche un momento in cui ho avuto una brutta giornata nella classe di Aikido pensando a Beppe, che era appena morto e Gianni mi ha chiesto perché ero così triste. Gli ho detto perché e lui si è zittito per un momento.


Pensando a Gianni, e anche a Doshu e Beppe, vorrei recitare Rumi, il poeta persiano, mistico sufi e studioso:


"Gli addii sono solo per chi ama con gli occhi. Perché per chi ama con il cuore e con l'anima non esiste separazione".


Ci mancherai, Gianni!


Nicole

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Aveva così tanto Ki e allegria, e questo era completamente naturale.


Sono così felice di aver deciso di andare al seminario con lui a Berlino nel febbraio 2020, poco prima del Corona-Lockdowns.

È stato un seminario meraviglioso, come tutti i seminari con lui.


E sono così triste.


Anke

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Forse vent'anni fa Gianni andò (con Rocco) a Herzogenhorn per uno stage con Yoshigasaki Sensei. Ero anche lì, nella "Zellerhütte".


Gianni e Rocco sono arrivati nel cuore della notte, tutte le porte chiuse e hanno dormito nella loro auto! Al mattino, con gli occhi piccoli, Gianni sorrideva e rideva ancora, perché sapeva fare questo così bene. Penso di non aver quasi mai visto Gianni se non con un sorriso sul viso, o anche una risata gigantesca e contagiosa. Qualche anno dopo (deve essere stato nel 2004, credo), sempre a Herzogenhorn, avevo portato il mio telescopio per osservare il pianeta Marte, il più vicino possibile alla Terra in quel momento, e Gianni difficilmente poteva lasciare gli altri guardare all’oculare, sempre con il suo sorriso! È stato bello e buono.


Ora Gianni pratica risate e sorrisi in un'altra sfera dell'universo. Ha incontrato il nostro Doshu? Certamente non lo so, ma posso immaginarlo facilmente. Si dice che i grandi spiriti si incontrino, ed è vero, qui o altrove, non ho dubbi. Ho bruciato un sacco di candele per te Gianni e penso che tu le abbia notate.


Ciao amico, a presto, così o alteramente


Ivo lou Nissart  / Yves

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Il positivo


By Corrado Calossi

Tehodoki Aikido Bologna

L'intervista è stata pubblicata originariamente in italiano dicembre 2020.

Link all'articolo su Ki no Nagare:

www.kinonagare.it/2020/12/18/il-positivo/




Sorridente, creativo, libero. Capace di creare immediatamente con il proprio interlocutore un clima rilassato e piacevole. Un vero Maestro di Aikido insomma. Forte dei suoi oltre cinquant’anni di esperienza sulla materassina, lo Shihan Gianni Gioconto ha accettato di rispondere alle domande di KNN su quattro temi specifici.

A lui esprimiamo la nostra stima e un sentito ringraziamento per la disponibilità dimostrata.

E grazie sempre a Francesco Ingemi per i consigli e le foto.

UKEMI

Beppe raccontava che il Maestro Yoshigasaki si è sempre riferito a te come “il miglior ukemi” ed effettivamente osservando alcuni filmati pubblicati dal Maestro Maule del vostro periodo Aikikai non si può non constatare la tua capacità atletica. Dubito però che Sensei si riferisse solo a quella. Allora le domande sono due. Quando passasti nella Ki No Kenkyukai trovasti un approccio diverso da parte del Maestro Tohei e del Maestro Yoshigasaki rispetto al modo di fare Ukemi? E soprattutto alla luce dei tuoi anni di esperienza, quali sono le qualità di un buon Ukemi?

Per fare Ukemi una base atletica è certamente indispensabile, ma non è l’elemento che fa la differenza. È essenziale la propensione al miglioramento, una sorta di generosità nei confronti della pratica nel suo complesso, per la quale non è importante dimostrare la propria bravura come Uke, ma la possibilità di sviluppo dell’arte che si sta facendo. È necessario impegnarsi per mettere in risalto l’interazione con Nage e non semplicemente la performance personale.

Quando si riesce a dare meno evidenza a sé stessi per lasciare spazio all’espressione della bellezza del “tutto”, ecco che si sta facendo senz’altro bene Ukemi.

Poi c’è un altro passaggio ed è quello che ho vissuto quando sono passato dall’Aikikai alla Ki No Kenkyukai. Praticando con il Maestro Tohei e con il Maestro Yoshigasaki, mi sono reso conto che quello che facevo non era sufficiente e per quanto fossi considerato un buon Uke, ho dovuto in un certo senso ricominciare a imparare daccapo. Ho dovuto lavorare per diventare un Uke “reale”. Dico “Reale” nel senso di “vero” cioè non semplicemente un Uke disponibile a essere proiettato a comando. E su questo punto il Maestro Tohei prima e soprattutto il Maestro Yoshigasaki dopo, mediante degli esempi pratici, hanno lavorato molto.

Spesso nel fare Ukemi infatti, il rischio è quello di trasformare la pratica in una sorta di recita in cui chi attacca viene istruito in modo puntuale sulla propria parte e cerca quindi di rappresentarla al meglio, ma tutto finisce lì. Non si cresce, ma si rimane confinati in una forma precostituita. E di conseguenza non si permette all’arte di svilupparsi. Poi il tempo passa, a poco e poco si perde la qualità fisica necessaria e alla fine spesso si smette.


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Vedi, nel Ki Aikido c’è un sacco di gente che ha sulle spalle cinquant’anni di pratica o quasi. Cosa che a mia notizia non succede nelle altre scuole. Quando senti parlare di trent’anni di pratica, si tratta già di eccezioni che spesso sono diventate dei super maestri. Al contrario nel Ki Aikido è assai facile trovare un praticante con un’esperienza di questo genere. Ecco perché anche i nostri gradi sono diventati così alti. Talvolta sento delle critiche su questo punto, sul tema dei Dan troppo elevati, ma dopo talmente tanti anni di pratica? Trovo naturale che il Maestro dia dei gradi elevati.  

Tornando quindi all’inizio del ragionamento, posso dire che la dimensione atletica passa certamente in secondo piano rispetto a quella della “realtà”. E questa è una lezione che io ho imparato nella Ki No Kenkyukai.

Tu avrai avuto certamente modo di vedere il Maestro Yoshigasaki fare Ukemi…

In svariate occasioni! Quando il Maestro Tohei mostrava “ufficialmente” un Tsuzuki Waza era sempre il Maestro Yoshigasaki a fare da Uke. Ecco, Sensei Yoshigasaki è un Ukemi di quelli veri, asciutto, senza fronzoli. Senza nulla in più di quanto necessario a esprimere correttamente il momento della tecnica. Senza dubbio, un buon Uke. E guardandolo ho imparato molto.

BUKI – WAZA

Nel corso degli anni, tu come altri Shihan, ti sei dedicato alla realizzazione di forme con le armi alternative rispetto a quelle “canonizzate” nei Tsuzuki Waza. È un processo creativo che richiede esperienza e una certa dose di coraggio, che invidio molto. Secondo quale criterio hai sviluppato le “tue” forme? (Ad esempio, hai preso semplicemente spunto dai kata del Ki Aikido oppure c’è dell’altro?) E qual è in particolare lo scopo per il quale le hai realizzate?

Onestamente non ho preso spunto dai Tsuzuki Waza esistenti, anche se i movimenti con le armi inevitabilmente sono quelli: Yokomenuchi, Shomenuchi, Tzuki…è ovvio quindi che poi li ritrovi in pieno. Anzi, l’impulso iniziale è nato proprio dall’esigenza di rendere più facilmente accessibili e chiari i movimenti di base. Ti faccio un esempio: Tzuki. Allenandosi facendo soltanto Tzuki, senza un esercizio specifico per prepararlo, mi accorgevo che la maggioranza degli allievi agitava in aria il Jo, ma senza una reale comprensione e profondità nel movimento. C’era “movimento”, ma privo di uno scopo realmente chiaro (privo di Ki potremmo dire, NdR). Poco per volta ho iniziato allora a individuare degli esercizi utili a sviluppare profondità nel gesto. Ho raggruppato poi questi esercizi in modo da avere un effetto globale sufficientemente armonioso e sono nati così dei Tsuzuki Waza con le armi.

Queste sequenze, prima di prendere dignità di Tsuzuki Waza, solitamente passano al vaglio di svariate prove, sono sottoposte a svariati test. Quando gli allievi le accettano non come un’imposizione, ma cogliendone l’utilità, allora è perfetto.

Ad esempio, ho realizzato un Tsuzuki Waza con il Jo che praticamente è nato da solo. Ho iniziato mettendo insieme tutti i movimenti con il bastone: Yokomenuchi, Shomenuchi, Tzuki, Ushiro-Tzuki, l’attacco dal basso verso l’alto e il taglio circolare. Li ho ordinati poi in una sequenza logica di 12 tecniche che consentisse di praticare rapidamente e semplicemente tutti i movimenti di base. A questa sequenza ho aggiunto poi la possibilità che ci fossero più Ukemi ad attaccare ed è nato un Tsuzuki Waza con quattro o otto partner. Ma non sono partito con l’intenzione specifica di creare qualcosa del genere: è venuto da sé naturalmente.

Ho visto che il Maestro Yoshigasaki non è mai intervenuto su queste iniziative e perciò mi sento di dire che non sono dannose e che posso continuare su questa strada.


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Approfitto per sottoporti una curiosità che ho sempre avuto e che forse tu puoi soddisfare: nel Ki Aikido noi studiamo il Jo contro il Jo, ma si tratta di movimenti derivati o assimilabili a quelli del Bo, mentre nell’Aikikai praticano delle forme Kumi-Jo in cui le armi si muovono entrambe secondo la logica del bastone corto. Perché nel Ki Aikido non è stata creata alcuna sequenza del genere?

Bastone contro bastone è una pratica che in Giappone non ha mai avuto una vera dignità di “arte marziale”: è sempre stato considerato una sorta di gioco da bambini o comunque un combattimento non consono ai Samurai. E pertanto si è sviluppato poco. Il Maestro Saito ha utilizzato molto il bastone in questo senso, ma più come Suburi o come Kumi Jo che come Tsuzuki Waza. Il lavoro consiste quindi nella ripetizione di esercizi individuali o nella pratica di forme in coppia separate le une dalle altre non di sequenze basate su una logica di cambiamento e di passaggio da una situazione all’altra come appunto i nostri Tsuzuki Waza.

Una cosa che mi ha sempre affascinato della scuola di Saito sono le tecniche nelle quali Nage usa il Jo per proiettare l’altro, ma non come nel nostro Jo Nage, dove il bastone viene afferrato da Ukemi, bensì lo manovra ad esempio infilandolo nell’incavo del gomito di Ukemi per guidarlo…Anche quella è una pratica che non ho mai visto nel Ki Aikido.

Prima dell’ingresso nella Ki No Kenkyukai sia io che gli altri Shihan più anziani abbiamo tutti praticato questo genere di forme e personalmente ogni tanto mi ritrovo a proporle. Chiaramente più in forma di gioco che di pratica vera e propria. Però talvolta, se utilizzati con accortezza e intelligenza, sono didatticamente utili per trasmettere determinate informazioni. Ovviamente per inserirli in una lezione ci vogliono un minimo di conoscenza e di esperienza personali.

AIKIDO IN REAL LIFE

Tu non sei solo un Maestro di Aikido, ma hai sempre tenuto il tuo lavoro di lavoro di imprenditore e nel corso degli anni, credo con grande sacrificio, sei riuscito a portare avanti un doppio percorso. Il Maestro Tohei ha parlato di Ki in Daily Life e il Maestro Yoshigasaki di Aikido in Real Life. Che valore ha avuto per te la pratica nella tua vita lavorativa fuori dal tatami?

Direi che c’è stato un equo travaso tra un’attività e l’altra. Ognuna delle due mi dato qualcosa permettendomi di fare meglio l’altra. Ad esempio, ritengo che nel tempo, grazie all’Aikido, sia assai migliorata la mia capacità di comunicazione e di relazione con i clienti. D’altra parte, credo che approcciarsi all’insegnamento di un’arte marziale “da imprenditore” permetta una serenità assai utile: si sa che cosa vuol dire gestire un’organizzazione, avere un progetto, svilupparlo, comunicarlo, supportare le persone che si hanno intorno. E poi creare una relazione duratura tra i diversi Dojo del proprio gruppo, che sia basata sul rispetto reciproco. Tutti questi sono elementi che un imprenditore deve necessariamente imparare.

Il Ki Aikido però insegna una cosa altrettanto importante per un imprenditore e cioè che non sempre si può vincere. Pertanto, è necessario prepararsi al meglio anche nei confronti delle eventualità più difficili. Che in altre parole significa creare le condizioni dentro sé stessi per dirsi: “ok, facciamo tutto il possibile”. Del resto, le cose cambiano di continuo e in maniera repentina, basta vedere quello che è successo quest’anno!

IL FUTURO

La pandemia e l’emergenza sanitaria, indipendentemente dalla luce che oggi intravediamo in fondo al tunnel, hanno rappresentato uno spartiacque per tante cose. Come vedi il futuro del Ki Aikido dopo il COVID?

Penso che bisognerà tornare alle origini e quindi alle lezioni in presenza. Tutte le opportunità che ci sono state offerte dalla tecnologia digitale e dalla rete sono sicuramente degli ottimi palliativi, utili a stimolare e mantenere l’interesse, ma non possono sostituirsi alle lezioni in presenza.

sicuramente sono e sono stati utili a mantenere dei rapporti tra le diverse realtà e trovo altamente positivo il fatto che proprio mediante questi strumenti gli istruttori si mantengano in contatto, sviluppino iniziative e si diano da fare in prospettiva della riapertura.

Per quanto mi riguarda, con Maurizio Volpe, stiamo già pianificando delle lezioni all’aperto per i primi del nuovo anno. All’inizio dell’emergenza sanitaria temevo che ci sarebbe stata una perdita di interesse maggiore e invece da quello che vedo e sento in giro i diversi gruppi stanno per lo più tenendo. Dobbiamo solo avere pazienza e vedere cosa succederà quando potremo finalmente ricominciare, ma mi sento fiducioso!


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Lennart Gullberg

Lennart Gullberg 13/6 1963 - 14/8 2021

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Lennart Gullberg ci ha lasciato il 14 agosto. 2021. dopo una lunga malattia

Aveva solo 58 anni.


Lennart ha iniziato l'aikido nel 1987, ed è diventato noto per il suo essere mite, ma anche per il suo preciso e alto livello tecnico.

La sua mente era sempre acuta ed era una specie di scherzo che Sensei poteva sempre chiedere a Lennart l'ordine di un Taigi / Tsuzukiwaza.


Era una persona fantastica e un fantastico Aikidoka - così chiaro, morbido e preciso, era sempre un piacere essere sul tatami con lui. Sempre indagatore e curioso. Poteva sembrare molto serio, ma un secondo dopo ti faceva ridere. Ho sempre ammirato lui e la sua gentilezza.


Molti pensieri alla sua famiglia.


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Si prega di andare alla pagina della memoria fatta per lui qui...



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Siamo profondamente rattristati dalla notizia della scomparsa di Lennart e ricordiamo i bei momenti che abbiamo condiviso con lui.

 

Katja e Christian da Norimberga


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Ricordi

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Gianni, 1979

Gianni con Tohei Sensei e Yoshigisaki Sensei nel 1979

Gianni 1981

Gianni Sensei che fa una dimostrazione nel 1981






Durante i miei cinquant'anni di insegnamento dell'aikido, ho scoperto che le cose più importanti sono l'amore e il rispetto.


Se mi segui, segui la via dell'amore e del rispetto.



Doshu, Yoshigasaki Sensei

Calligrafia di Mihoko Watanabe Sensei

Do